Chi lavora nell’industria e nel commercio si trova a lottare giornalmente non solo per cercare di trovare acquirenti per le proprie merci o servizi, ma cosa più grave, deve trascorrere la maggior parte del proprio tempo a rincorrere quanti devono pagare .
Già in tempi non sospetti ( precedenti alla crisi ) in Italia le tempistiche di pagamento erano ben superiori alla media europea. Oggi ci troviamo di fronte ad un vero e proprio sfascio finanziario dei mercati , in parte aggravato dall’uso distorto di una procedura concorsuale tornata di gran moda in questi ultimi anni.
Parliamo del concordato preventivo e dell’ accordo di ristrutturazione del debito, procedure con le quali il legislatore cercava di soddisfare l’esigenza di risanamento aziendale, riducendo i casi di fallimento. Tali procedure erano rivolte a preservare realtà industriali e commerciali importanti per il tessuto sociale, che si trovavano occasionalmente in difficoltà finanziarie.
Oggi invece, complice una crisi pesante, sia finanziaria che strutturale
, il concordato viene utilizzato spessissimo come strumento per ottenere sconti forzati dai fornitori . Insomma per superare la crisi economica, sempre più imprese richiedono un concordato a percentuali di rimborso per i creditori ben inferiori al 50% ( si arriva anche al 10%-15% ), per poi riprendere ad operare sul mercato con la stessa azienda o mediante una azienda di nuova costituzione.
Ed allora si arriva all’ assurdo che le imprese che operano correttamente e che potrebbero mantenersi senza problemi , spesso a causa dell’uso distorto di tali procedure, si ritrovano anch’esse invischiate in difficoltà finanziarie, perché si vedono decurtare importanti somme che prevedeva di incassare, e si ritrovano pure a combattere sui mercati con le stesse aziende che si sono liberate da una situazione finanziaria pesante, spesso causata da una mancanza di specializzazione e di innovazione.
La situazione è così grave che anche Confindustria ha richiesto interventi per fermare una tendenza che rischia di dilagare, in evidente contrasto con il principio della libera concorrenza.
E’ proprio vero, gli italiani e la furbizia… una lunga storia d’amore.
Un articolo chiaro e ricco di spunti. Anche sul sito http://www.ilfallimentarista.it ho trovato delle analisi e dei contributi d’autore molto interessanti sul punto!